Vo(g)liamo la pace. Conversazioni sulla Prima Guerra Mondiale.

Venerdì 24 e venerdì 1 dicembre, al Centro culturale di Romans d'Isonzo, con gli studiosi MITJA JUREN e MARCO MANTINI. Ore 20.30, ingresso libero.

Venerdì 24 novembre

MITJA JUREN:

IL QUARTO CAVALIERE

di Nicola Persegati e Mitja Juren

GASPARI EDITORE

 

Alla fine di giugno del 1916, allo scopo di allentare l’assedio italiano alle cime del San Michele che ormai minacciava da vicino le postazioni austriache, il comando del VII Corpo d’armata studiò un attacco di alleggerimento con massiccio uso di gas (80% cloro, 20% fosgene) per tentare di far arretrare le trincee italiane oltre l’Isonzo. Dopo alcune settimane di esercitazioni nelle retrovie carsiche, corpi scelti di genieri interrarono circa 6.000 bombole di gas collegate alle trincee con tubi e augelli. Alle 5 e un quarto del mattino del 29 giugno 1916 una parte di esse, circa tremila, sprigionarono una letale nuvola di gas contro le prime linee italiane davanti San Martino e sotto il monte San Michele. I militari italiani, scarsamente dotati di maschere antigas antiquate e poco efficaci, vennero pesantemente colpiti dalla nube tossica. Tuttavia il lancio del gas non risultò perfetto e in alcuni casi, per il malfunzionamento degli augelli, si rivolse contro gli attaccanti; la cosiddetta “nube vagante” inondò le trincee di prima linea ma non riuscì a raggiungere le artiglierie campali poco distanti, e in alcuni punti lascia quasi intatte le posizioni italiane.

Il gas di altre tremila bombole non poté essere indirizzato contro le forti posizioni d’artiglieria del Monte Fortin per assoluta mancanza di vento in quella direzione. Per questi motivi, il successivo attacco di reparti della 17ª e 20ª Divisione Honved, peraltro essi stessi impauriti dai possibili effetti del gas, non riuscì a penetrare in profondità nelle linee italiane, e alla fine l’attacco venne respinto dal fuoco delle artiglierie e dal contrattacco di reparti italiani fatti giungere dalle retrovie.

Per gli italiani fu una grande vittoria contro un “perfido” e spregiudicato attacco nemico - era la prima volta che sul fronte italiano venivano usati i gas - che tuttavia costò perdite pesantissime, in due ore morì più di un centesimo delle vittime di tutta la guerra. Per gli austro-ungarici l’attacco con i gas fu un quasi fallimento, che indusse una fortissima impressione nell’opinione pubblica e fra gli stessi soldati italiani, ma non spostò equilibri e schieramenti sul campo di battaglia.

È stato calcolato che l’attacco con i gas tra Monte San Michele e il villaggio di San Martino procurò oltre duemila morti e 10mila asfissiati tra i soldati italiani, molti dei quali destinati a morire per soffocamento nei giorni successivi negli ospedali delle retrovie, per un totale di non meno di 6.700 decessi accertati. A causa del bombardamento e del contrattacco italiano gli austro-ungarici subirono circa 2.000 morti, non pochi dei quali intossicati dal loro stesso gas. Alla fine della giornata del 29 giugno 1916 la linea del fronte si ristabilì sulle stesse posizioni del giorno precedente.

In quelle trincee inondate dal gas c’era stato, solo due giorni prima, Giuseppe Ungaretti. Un provvidenziale ordine aveva anticipato l’invio del suo battaglione in riposo a Mariano del Friuli. Gli altri battaglioni del 19° reggimento della brigata Brescia, il reggimento di Ungaretti, due giorni dopo vennero investiti e decimati dal gas. Grazie a quell’ordine, il poeta fu risparmiato

da una probabile, orribile morte. E proprio il 29 giugno 1916, da Mariano, Ungaretti scrive un lacerante pensiero ai suoi compagni morti sul San Michele: «Pensavo: non ci sono più foglie sul monte, né cicale, né grilli; e c’è rimasta la mia morte, viva».

LUCIO FABI