Sabato 4 settembre cerimonia di nuova intitolazione del campo di calcio di via Atleti Azzurri d'Italia ai fratelli Calligaris

Alle ore 11 presso il campo sportivo, dopo la presentazione del volume "Armando e i suoi fratelli"

 

Quelle dei fratelli Calligaris, Alessandro, Armando, Mario e Roberto, sono state delle  esistenze  virtuose, esemplari, dedicate all’attività calcistica, all’amore per il proprio paese, alla crescita umana e sociale e alla patria. Sono state un dono e una ricchezza per la comunità di Romans d’Isonzo, dove nel 2002, l’amministrazione comunale, raccogliendo le richieste di molti concittadini, testimoni diretti dell’opera meritoria che questi avevano svolto, decise di riconoscere quei meriti intitolando a tre di loro, Alessandro, Armando e Mario, il nuovo stadio comunale, diventato così “F.lli Calligaris”. Nell’occasione, il quarto fratello, Roberto, che assistette alla cerimonia di intitolazione, nel momento  dello scoprimento della lapide espresse il desiderio di poter unirsi anche lui un giorno su quella targa, col suo nome, ai suoi tre amati fratelli. Roberto è deceduto nel dicembre 2017 e quel suo desiderio viene ora esaudito, ma non semplicisticamente per chiudere un cerchio familiare magari privo di senso, ma per i meriti che anche Roberto ha accumulato nel corso della sua esistenza e farlo diventare, nel centenario di fondazione dalla Pro Romans, la quarta parte dell’intitolazione dello stadio comunale. Uno stadio che ospita l’attività calcistica dell’Asd Pro Romans (nata nel 1921 e dal 2012 Pro Romans Medea), squadra con la quale hanno militato tutti i quattro fratelli, sostenendo poi lungamente il sodalizio anche come dirigenti, accompagnatori ufficiali e primi tifosi.

La famiglia Calligaris era composta da cinque fratelli e tre sorelle, che fin dalla nascita toccarono con mano i sacrifici che la vita gli impose, prima per l’assenza del padre Giovani Battista, partito per la guerra con la divisa austroungarica, poi per la misera professione di mezzadro agricolo che questi svolse per sfamare la famiglia.

 

Alessandro, nato Romans nel 1922, fin da giovane mostrò delle ottime doti calcistiche, tanto da diventare un punto di forza della Pro Romans, fino nel gennaio 1942, quando venne chiamato alle armi ed assegnato al 25.mo Reggimento fanteria, con sede a Cervignano del Friuli, poi inviato in Russia col 277.mo Reggimento fanteria divisione “Vicenza”. L’ultimo contatto con la famiglia lo ebbe il 26 dicembre 1942, con una lettera piena di disperazione; dopodiché di lui non si seppe più nulla, fino al febbraio 1996, quando il Ministero della Difesa comunicò alla famiglia che era stata accertata la località e la data della morte di Alessandro, deceduto il 28 settembre 1943, nell’ospedale n. 2851 di Ustà, nella regione di Gorki a seguito di un fatto d’armi, che si verificò il 23 gennaio 1943 e nel corso del quale Alessandro fu dato inizialmente per disperso nei pressi del fiume Don. I suoi resti sono ancora laggiù, sperduti, senza il conforto di un fiore che onori il suo sacrificio.

 

Armando. Se Alessandro fu una persona sfortunata, ad Armando andò forse ancora peggio. Nato a Romans nel 1923, morì in manicomio a Gorizia, il 12 ottobre 1966, dove venne più volte ricoverato per i postumi di un colpo alla testa con un badile, che un adulto gli sferrò involontariamente per difenderlo dall’assalto di un cane. Armando aveva sette anni in occasione di quel tragico evento, che più avanti gli stravolse la vita. Militò giovanissimo nella Pro Romans assieme ai suoi fratelli, adoperandosi pure strenuamente, grazie al suo mestiere di calzolaio, nel cucire palloni e rattoppare le scarpe dei calciatori.

Come calciatore prometteva decisamente bene. Approdò al CRDA Monfalcone e alla Saici Torviscosa in serie C. Poi venne prelevato dall’Omegna, finendo pure nel mirino di alcune squadre professionistiche, che però lo scartarono per quello sfondamento alla testo ben visibile a causa di quel colpo ricevuto da bambino e che, alla fine degli anni Quaranta, cominciò a produrgli delle crisi epilettiche, aprendogli le porte del manicomio, dove si lasciò morire nel 1966.

Mario. Era il fratello maggiore, classe 1911, militò inizialmente nelle file della Pro Romans, poi vestì la casacca dell’Arezzo e Palmanova in serie C, quindi dell’Itala Gradisca, facendo poi ritornò nella Pro Romans, giocando ancora a fianco dei suoi fratelli Armando e Roberto. Quando appese le scarpette al chiodo, diventò dirigente e accompagnatore ufficiale delle formazioni giovanili della Pro Romans. Anche la carriera calcistica di Mario venne frenata dalla guerra. Partecipò alla guerra d’Etiopia, nota pure come Campagna d’Etiopia, che si svolse dall’ottobre 1935 a maggio del 1936 e vide contrapposti il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia. In seguito partecipò alla Campagna di Grecia e Albania, dove, nel 1943, venne fatto prigioniero e finì pure lui in Russia come il fratello Alessandro. Lavorò a Rostov per poi rientrare in Italia nel settembre 1945, dopo aver compiuto un lungo giro attraverso la Germania.

Roberto, classe 1920, a 12 anni iniziò a lavorare come apprendista fabbro e a 14 venne occupato in una fornace, dove rimase fino al 1938. Chiamato alle armi, dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale fu inviato a Trieste e da lì a Spalato in Croazia, fino all’8 settembre 1943. Trascorse un anno sull’isola di Lissa, poi venne rimpatriato a Brindisi e trasferito prima a Cassino poi a Bologna, da dove, a piedi, rientrò a Romans. Era l’8 maggio 1945. Nel dopoguerra lavorò ancora a  Romans poi fu assunto nella Saici di Torviscosa, prima nella gestione agricola poi in quella industriale, rimanendo in carica fino alla pensione. Militò nella Pro Romans dal 1935 al 1939 assieme ai fratelli Armando e Alessandro, mentre Mario aveva già lasciato la Pro Romans per giocare in squadre più blasonate. Anche dopo il ritorno dalla guerra giocò con la Pro Romans, poi assunse il compito di dirigente e accompagnatore ufficiale delle formazioni giovanili. Animato da profondi valori umani e sociali, Roberto Calligaris collaborò giornalmente con il sindacato Spi Cgil nella sede di Romans, mentre nel 2008, il Circolo Acli “Mario Fain” ed il gruppo di ricerca “I Scussons”, in collaborazione con il Comune e la Parrocchia di Romans, gli assegnarono il “Premio 2008 all’Arte, al Lavoro e alla Professionalità”, che gli venne consegnato nella sala consiliare municipale. Era un premio che annualmente veniva assegnato a delle persone che si erano particolarmente distinte nei vari settori della vita pubblica operando a favore degli altri. “Assegniamo il premio a Roberto Calligaris - si lesse nella motivazione -  perché ancora oggi con entusiasmo, convinzione e forza morale vive dentro il tessuto sociale del paese, portando a tante persone la propria amicizia e parole di umana partecipazione e condivisione”.